Raggruppamento Carabinieri Biodiversità

Raggruppamento Carabinieri Biodiversità

Riserva Naturale Biogenetica Abetone

Riserva Naturale Biogenetica Abetone

Regione

Toscana

Luogo

Abetone Cutigliano (Pistoia)

Info

Codice EUAP: 0113

Anno di istituzione: 1977

Superficie: 584 ha

Cartografia

Per visualizzare su base cartografica la superficie della Riserva, digitarne il nome in “Strumenti à Ricerca su attributi” dal Portale Cartografico Nazionale del Ministero della transizione ecologica, selezionando poi “Elenco Ufficiale Aree Protette (EUAP)”
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(attenzione: i confini ivi riportati sono in corso di revisione ed aggiornamento)

Proprietà dei terreni

Demanio statale

Aree Protette Sovrapposte

la Riserva comprende al suo interno una porzione della Zona di Protezione Speciale IT5130003 “Abetone”; in parte è inserita nella più ampia Zona Speciale di Conservazione IT5130001 “Alta Valle Sestaione”.

Come arrivare

la Riserva è raggiungibile da Pistoia percorrendo prima la SR 66 e poi la SS12 fino ad Abetone

Norme di fruizione della Riserva

La Riserva è di libero accesso; per escursioni di gruppi organizzati a vario titolo all’interno o attraverso le Riserve o per lo svolgimento di iniziative e manifestazioni  sportive ludico-motorie-ricreative  è necessario presentare una richiesta di autorizzazione o di svolgimento di eventi in riserva al Reparto CC Biodiversità di Pistoia, almeno 15 giorni prima della data prevista dell’iniziativa, con descrizione dell’attività che si vuole svolgere, numero di partecipanti attesi, itinerario previsto, durata dell’attività.

La Riserva non presenta zonazione. Sono presenti aeree di sosta per pic-nic, alcuni sentieri con pannelli didattici tra cui “Il percorso dell’amicizia”, che presenta un’esposizione di opere d’arte. È disponibile una carta dei sentieri ufficiali della Riserva.

Attività in corso

Lotta fitosanitaria ad Ips typographus, in collaborazione con CREA di Firenze – Settore Fitosanitario

Descrizione

La Riserva Naturale Biogenetica di Abetone si distingue per la presenza di storici impianti di abete bianco, risultato di una mirabile attività colturale protratta per secoli. Da studi di pollini fossili prelevati dalle torbe del lago Baccioli (m. 1295), del lago del Greppo (m. 1442), del Lago Nero (m. 1730), il Prof. A. Chiarugi (1936) stabilì che nella foresta dell’Abetone l’abete bianco ha avuto il massimo della sua diffusione intorno a seimila anni a.C. e che successivamente ha incominciato a regredire, sia pure secondo un ritmo irregolare, cedendo sempre più di fronte all’avanzata del faggio.  Dopo il 1000 a.C. il faggio cominciò a prevalere rendendo l’abete specie subordinata e secondaria nella consociazione. Le analisi polliniche del Chiarugi dimostrano inoltre che l’abete rosso era in questa foresta molto diffuso. Intorno ai 4000 anni a.C. l’abete rosdo era molto rappresentato e poi avrebbe subito un graduale regresso fino a restare oggi allo stato spontaneo solo in una piccola area nell’alta valle del Sestaione.

Altri  autori (Pavari e Susmel), pur condividendo nelle linee generali la teoria del Chiarugi, ritengono che nella graduale estinzione dell’abete in questi ultimi secoli non sarebbe stata determinante l’influenza del clima, quanto l’azione dell’uomo il quale, con tagli indiscriminati effettuati a carico dell’abete per motivi di tornaconto economico, avrebbe creato condizioni propizie alla diffusione del faggio dopo avere alterato la biologia della fitocenosi naturale che nel consorzio misto abete-faggio aveva raggiunto un assetto equilibrato relativamente stabile.

Si può comunque affermare che l’abete bianco continua a trovare all’Abetone condizioni ecologiche molto favorevoli; infatti, se noi rivolgiamo la nostra indagine a periodi storici molto più recenti, troviamo che nella foresta fin da 400-500 anni fa era certamente esistente allo stato spontaneo associato al faggio e all’abete rosso, sia nell’alta valle della Lima che nell’alto bacino del Sestaione, pur essendo subordinato alle latifoglie. Fanno fede dell’esistenza dell’abete bianco in tal epoca la presenza di ceppaie gigantesche di piante di abete bianco, che furono tagliate nell’anno 1794 per l’apertura della strada statale dell’Abetone e del Brennero (SS 12), progettata da Padre Ximenes  attraverso il Passo delle Piramidi, e che facevano contare più di 400 anni di età. Sarebbe stata proprio la presenza di questi grossi esemplari a dare alla foresta la denominazione di “Abetone”. È anche vero che, nonostante l’ambiente molto propizio, l’abete, nella seconda metà del 1700 feino al 1825 circa, subì un notevole regresso a causa delle intense utilizzazioni effettuate in tutta la foresta. Dopo l’apertura della strada del Brennero, si volle dare una maggiore estensione alla coltura dell’abete bianco, in sostituzione del faggio, con impianti artificiali che, in prossimità della rotabile, furono iniziati proprio da Padre Ximenes. Il Registro Storico della Foresta, conservato presso il Reparto CC Biodiversità di Pistoia, è fonte di preziose informazioni in questo senso. Dalla lettura di questo documento rileviamo infatti che i due indirizzi gestionali fondamentali che hanno caratterizzato il trattamento della Foresta dell’Abetone dal 1825 al 1870, apportandovi un sensibile miglioramento qualitativo, sono stati la diffusione dell’abete bianco nell’area della faggeta e la progressiva conversione dei cedui di faggio ad alto fusto. Con l’annessione della Toscana al Regno d’Italia, la Foresta dell’Abetone, per effetto della legge 20 giugno 1871, passò al Corpo Forestale dello Stato che ne prese possesso nel 1873. Dopo tale data, i criteri selvicolturali di ricostituzione del patrimonio forestale furono seguiti con più impegno e continuità e la nuova Amministrazione dette maggiore impulso alla conversione dei cedui di faggio all’alto fusto. Si dette anche corso al rimboschimento di terreni nudi che in precedenza, per favorire la produzione di foraggio ed il pascolo, non era stato mai curato. Dal 1892 la Foresta dell’Abetone è stata regolarmente gestita attraverso appositi piani di assestamento forestale, il cui ultimo è satto redatto dai Proff. G. Bernetti e M. Cantiani ed è valido fino al 1985.

La Riserva si colloca a nord nel bacino del Torrente Lima, che si origina da una serie di fossi disposti a semicerchio con rilievi dolci e modellati; la porzione a sud invece è compresa nel bacino del torrente Sestaione, caratterizzato da uno stretto semicerchio di montagne, limitato a settentrione dal Monte Gomito (1890 m), a occidente dall’Alpe delle Tre Potenze (1935 m), a sud dalla Foce di Campolino (1839 m) E’ situata ad una altitudine che va dai 1060 m ai 1560 m s.l.m., in un paesaggio montano appenninico con boschi di conifere, faggete, boschi misti mesofili, praterie di crinale, brughiere montane e vasti affioramenti rocciosi.

La Riserva si sviluppa intorno al centro abitato di Abetone, nota località di villeggiatura sia estiva che invernale, centro principale del comprensorio sciistico omonimo, tra i più importanti dell’Appennino settentrionale, con circa 50 km di piste, per un totale di circa 30 tracciati serviti da 22 impianti di risalita. Solo una piccola parte del comprensorio sciistico è compreso nel territorio della Riserva. In Abetone, presso la loc. Le Regine, è nato il campione di sci Zeno Colò e numerosi sono stati gli atleti prevenienti dalla Val Sestaione che hanno conseguito importanti traguardi in campo sciistico.

Habitat (Direttiva Habitat 92/43/CEE)

3160: Laghi e stagni distrofici naturali

6430: Bordure planiziali, montane e alpine di megaforbie idrofile

7140: Torbiere di transizione e instabili

8130: Ghiaioni del Mediterraneo occidentale e termofili

9110: Faggeti del Luzulo-Fagetum

9130: Faggeti dell’Asperulo-Fagetum

91E0*: Foreste alluvionali di Alnus glutinosa e Fraxinus excelsior (Alno-Padion, Alnion incanae, Salicion albae)

Flora

La superficie della Riserva è quasi interamente boscata, con predominanza di fustaie pure di abete bianco (Abies alba) e faggio (Fagus sylvatica) e boschi misti delle due specie.

Tra le specie erbacee dalle fioriture più appariscenti, si citano l’aquilegia comune (Aquilegia vulgaris), la genziana minore (Gentiana asclepiadea), il giglio martagone (Lilium martagon), il caprifoglio nero (Lonicera nigra) e la polmonaria chiazzata (Pulmonaria picta).

Fauna

Per quanto riguarda la fauna, tra i mammiferi sono presenti il lupo (Canis lupus), il capriolo (Capreolus capreolus), la martora (Martes martes), la faina (Martes foina), lo scoiattolo (Sciurus vulgaris), il moscardino (Muscardinus avellanarius), la marmotta (Marmota marmota). Recenti studi hanno individuato 10 specie di chirotteri, alcuni assai rari e vulnerabili come il vespertilio mustacchino (Myotis mystacinus), il vespertilio di Natterer (Myotis nattereri), la nottola comune (Nyctalus noctula) e il barbastello (Barbastella barbastellus), tutte protette dalla Direttiva UE Habitat, così come il lupo.

Fra i rapaci si ricorda l’aquila reale (Aquila chrysaetos), che utilizza spesso i crinali superiori della Riserva come territorio di caccia, il falco pecchiaiolo (Pernis apivorus) e lo sparviero (Accipiter nisus); le aree boscate sono invece frequentate dal rampichino alpestre (Certhia familiaris), luì verde (Phylloscopus sibilatrix), regolo (Regulus regulus), ciuffolotto (Pyrrhula pyrrhula). Tra le specie di anfibi e rettili di interesse naturalistico si ricordano il colubro liscio (Coronella austriaca), l’orbettino (Anguis fragilis) e la rana alpina o montana (Rana temporaria). Nei torrenti vivono diversi pesci tra i quali lo scazzone o brocciolo (Cottus gobio).

Normativa

Normativa Europea

Direttiva 92/43/CEE “Habitat” – Direttiva 92/43 CEE del Consiglio del 21 maggio 1992 relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche.

Direttiva 2009/147/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 30 novembre 2009 concernente la conservazione degli uccelli selvatici” la cui versione codificata ha abrogato e sostituito integralmente la Direttiva 79/409/CEE “Uccelli”

Normativa Nazionale

Ministero per l’Agricoltura e le Foreste – D.M. 13 luglio 1977 – “Costituzione di riserve naturali biogenetiche””.

  1. 394/1991 – “Legge quadro sulle aree protette”.

DPR 8 settembre 1997, n. 357 – “Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche”.

Ministero dell’Ambiente – D.M. 20 gennaio 1999 – “Modificazioni degli allegati A e B del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, in attuazione della direttiva 97/62/CE del Consiglio, recante adeguamento al progresso tecnico e scientifico della direttiva 92/43/CEE”.

Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio – D.M. 3 settembre 2002 – “Linee guida per la gestione dei siti Natura 2000”.

Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare – D.M. 17 ottobre 2007 – “Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone Speciali di Conservazione (ZSC) e a Zone di Protezione Speciale (ZPS)”.

Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare – D.M. 22 dicembre 2016 – “Designazione di 16 zone speciali di conservazione (ZSC) della regione biogeografica continentale e di 29 ZSC della regione biogeografica mediterranea insistenti nel territorio della regione Toscana”.

Normativa Regione Toscana

L.R. 30/2015 – “Norme per la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturalistico-  ambientale regionale. Modifiche alla L.R. 24/1994, alla L.R. 65/1997, alla L.R. 24/2000 ed alla L.R. 10/2010”.

D.G.R. n. 644 del 5 luglio 2004 – “Attuazione art. 12, comma 1, lett. a) della L.R. 56/00 (Norme per la conservazione e la tutela degli habitat naturali e seminaturali, della flora e della fauna selvatiche). Approvazione norme tecniche relative alle forme e alle modalità di tutela e conservazione dei Siti di importanza regionale (SIR)”.

D.G.R. n. 454 del 16 giugno 2008 – “Approvazione del D.M. 17.10.2007 del Ministero Ambiente e tutela del Territorio e del Mare – Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a zone speciali di conservazione (ZSC) e zone di protezione speciale (ZPS) – Attuazione”.

D.G.R. n. 1006 del 18 novembre 2014 – “L.R. 56/2000: art.12 comma 1, lett.a) . Approvazione norme tecniche relative alle forme e alle modalità di tutela e conservazione dei Siti di importanza regionale (SIR). Aggiornamento e integrazione della Deliberazione n. 644 del 5 luglio 2004”.

D.G.R. n.1223 del 15 dicembre 2015 (all. A – all. B – all. C) – “Direttiva 92/43/CE “Habitat” – art. 4 e 6 – Approvazione delle misure di conservazione dei SIC (Siti di Importanza Comunitaria) ai fini della loro designazione quali ZSC (Zone Speciali di Conservazione)”.

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